domenica 7 aprile 2019

Alimentatore da banco fatto da me

È un po' di tempo che non riempio queste pagine di nuovi contenuti; almeno un anno. Lasciate che lo faccia oggi.

Era da tanto che desideravo un alimentatore da banco ma non ne avevo mai acquistato uno. Invero sul mercato ce ne sono un po' per tutte le tasche e gusti, e su Internet si possono leggere tutorial per fabbricarne uno partendo da scarti o giù di lì perfettamente funzionanti. In parte la mia idea nasce dalla loro esperienza, ma ho voluto spingermi oltre e sperimentare qualcosa di un attimino più complesso.


Anch'io sono partito da un banale alimentatore ATX da 600 W; ne avevo uno che mi avanzava da un vecchio PC ormai dismesso ma poi ho fatto qualche aggiunta via via che l'idea cresceva.
E così che ho aggiunto uno stadio di elevazione in tensione da 12/80 V e 600 W, un regolatore intelligente in tensione e corrente da 0.01/30 V 3 A e per finire un monitor per la tensione di rete (tutto sommato poco utile ma figo).
Ho mantenuto le uscite ATX tradizionali, ossia i 3,3 - 5 e 12 volt stabilizzati, ognuno dotato di voltometro digitale, mentre l'uscita del modulo step-up guida un modulo di alimentazione programmabile a tensione e corrente costante.
In più, ho voluto usare la linea di stand-by (5 volt costanti) per alimentare due porte USB senza accendere tutte le altre linee, mentre un'altra porta USB  è monitorata sulla linea dei 5 V.
La ciliegina sulla torta è la presa di messa a terra, indispensabile per i braccialetti antistatici per maneggiare componenti elettronici.

Non ho incontrato nulla di simile al mio su Internet, e so che sicuramente avrei potuto fare ancora di meglio, magari potrei farne anche un altro ancora più sofisticato più avanti.

Questo è l'interno del mio progetto quando era ancora in fase embrionale: a destra si distingue l'unità ATX, mentre a sinistra, a ridosso della ventola, si vede l'unita elevatrice di tensione da 600 W (https://electronilab.co/wp-content/uploads/2015/05/BOOST-600W-user-manual.pdf) che ha il compito di alimentare a 30 volt (lo tengo a 28 per precauzione) il modulo di alimentazione programmabile DPS3003  — 3003 sta per 30 V per 3 A — che si occupa di gestire l'uscita a tensione variabile.

Come base di partenza ho preso una Gewiss 44208 in tecnopolimero GWT  resistente fino a 650°C su cui sono stati praticati i fori di alloggiamento degli strumenti.
Successivamente,ho montato le prese a banana e i fusibili per ogni singola uscita, e tutte le relative connessioni ai voltometri DSN-VC288 in configurazione di alimentazione indipendente — altrimenti non avrebbero potuto indicare tensioni inferiori a quelle di alimentazione.
Il voltometro DSN-VC288 possiede cinque connessioni: tre più sottili che si occupano della tensione e due più grosse che rilevano la corrente in transito. Riguardo alle prime, i terminali rosso e nero si limitano ad accendere lo strumento con una tensione minima di 4 volt fin a un massimo di 30, mentre il giallo si limita a svolgere il compito di captare la tensione esistente da misurare tra il negativo e il positivo da misurare (con il negativo comune). Questo è lo schema:
lo strumento va piazzato sulla linea del polo negativo,  con il cavo grosso nero che è l'ingresso e il rosso (grosso) è l'uscita dell'amperometro del DSN-VC288. e deve essere considerata come il negativo del carico d alimentare. Apparentemente è un controsenso e questa colorazione dei terminali può indurre a confusione, magari usare una colorazione differente potrebbe evitare lo sgomento all'utente finale.
Il resto è senza altri intoppi: una resistenza da 1 MΩ in serie alla presa di terra aiuta a rallentare le fughe di corrente nel caso avessi la necessità di indossare un bracciale antistatico, l'uscita a -12 V (12 volt negativi rispetto alla massa) nel raro caso che questa mi servisse.
Come vedete non ho lasciato niente al caso, o almeno lo spero.

E tutto questo mi servirà per il mio prossimo progetto: un modello di rover planetario autonomo che ho in mente.
Ma questo alla prossima. Cieli sereni!

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